mercoledì 24 aprile 2024

A quest’incontro


SUSANA CABUCHI

INCONTRO, II

Pensavamo che fosse tardi.
Che i forti lampi del desiderio
si fossero susseguiti nelle vie del fiume,
tra l'erba,
o in qualche macchina ferma
davanti ai treni che passavano,
interminabili ed estranei,
o nelle notti eterne
trascorse a misurare
il respiro
e la durata dei baci.
È già successo. Non abbiamo perso nulla.
A quest'incontro
aggiungiamo
i paesi e le tristezze,
i volti di chi abbiamo amato,
i libri che abbiamo letto,
la bellezza del mondo.
Sereni, come vecchi amanti,
sorpresi come Adamo ed Eva,
maldestri ed esperti,
attori di un momento definitivo,
affermati nel tremore e nell’istinto
votati
a un'altra vittoria:
la gravitazione del fuoco,
la chiarezza del suo mandato.

(da Dietro le maschere, 2008)

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Incontro, che in realtà è un riannodare l’antica relazione, un rinnovare la fiamma rimasta nel cuore: “Ma cosa ho fatto se non aspettarti” dice la poetessa argentina Susana Cabuchi. E così, anni dopo, aggiunta altra esperienza alla vita, eccoli lì i due vecchi amanti, in uno scenario cittadino, a recuperare il tempo perduto, a riprovare a vivere “come prima, quando eravamo felici”.

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JONELLE SUMMERFIELD, "ESPRESSO AL BAR"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Ad ogni colpo di vita, / ad ogni parola che scrivo, / ad ogni dolore a cui resisto, / mi ricordo.
SUSANA CABUCHI, Il viaggiatore

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Susana Cabuchi (Jesús María, 1948 – 26 luglio 2022), poetessa argentina. Allieva di  Alfredo Martínez Howard, divenne a sua volta insegnante di scrittura e partecipò al gruppo "Writer's Workshop" nei primi anni '70. Direttrice del Dipartimento di Lettere, Teatro e Storia fino al 1993.


martedì 23 aprile 2024

Non ci sono nomi


JAMES LAUGHLIN

L’IMPORTANZA DEL SILENZIO

Poiché ci sono alcune cose
per le quali non ci sono nomi

non c'è bisogno che tu cerchi
di inventarli         le tue parole

degli antichi poeti sono belle
da leggere sulla pagina ma

quelle che voglio udire e sentire vengono
dalle tue labbra e dalle tue mani

(da The love poems, 1997)

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"Se ti do un po' del mio silenzio / mi dai in cambio un po' del tuo?" scrive il poeta statunitense James Laughlin, talora definito "un Catullo fin de siècle". E si lancia in un elogio del silenzio, della capacità di due innamorati di esprimersi senza parole - non è quello tra l'altro uno dei principali elementi del gioco della seduzione? “Il silenzio (specialmente se può essere condiviso) / è un’appagante pienezza)”.

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FOTOGRAFIA © STOCKSNAP/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

In amore un silenzio vale più di un discorso.
BLAISE PASCAL, Discorsi sulle passioni dell’amore




James Laughlin (Pittsburgh, Pennsylvania, 30 ottobre 1914 – Norfolk, Connecticut, 12 novembre 1997), poeta, saggista e editore statunitense. Legato al modernismo, elaborò una tecnica personale ed eterodossa, fatta di violenti contrasti tra slancio lirico e ironia, tra un raffinato uso della memoria e profanazioni linguistiche del quotidiano.


lunedì 22 aprile 2024

Il canto rosato


ALBERTO ROJAS JIMÉNEZ

CANZONE NOTTURNA

Nell'ombra della stanza
si leva la mia voce nuda:
Il tuo nome è un uccello notturno
che vola per la camera.
Dormi.
Dal mondo limpido del tuo sogno
canti tremante e bianca.
Le mie mani e i miei pensieri
vanno verso di te.
Ma i tuoi occhi sono ciechi.
E tuttavia siamo così vicini,
così vicini, che la mia parola inonda
il canto rosato che ti scorre nelle vene.

(da Hoy, 573, 12 novembre 1942)

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Dopo Valéry, Jiménez, Maria Luisa Spaziani, Jorge Luis Borges, Alexandros MàtsasKarmelo C. Iribarren e Mary Oliver, all’incanto dell’amata o dell’amato dormiente si iscrive anche il poeta cileno Alberto Rojas Jiménez: se resta il mistero di ciò che la donna sogna, emerge però quella comunanza di sentire.

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DIPINTO DI SERGE MARSHENNIKOV

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Cosa farà in questo momento? Probabilmente sta dormendo. (…) E attraverso i muri delle strade e della notte umida e silenziosa, le mie mani fanno segni di richiamo, e il mio sangue trema, nella sterile certezza di vederla apparire, proprio come quando le sue labbra non sono per me né un sogno né una bugia.
ALBERTO ROJAS JIMÉNEZ, Pro Arte, 7 ottobre 1948

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Alberto Rojas Jiménez (Valparaíso, 21 luglio 1900 – Santiago, 25 maggio 1934), poeta, giornalista e disegnatore cileno. Membro della Generazione del 1920, bohémien e e amico di Pablo Neruda, collaborò come editorialista alla rivista Zig-Zag con lo pseudonimo di Pierre Lhéry e ai giornali La Nación e El Correo de Valdivia.


domenica 21 aprile 2024

Quale strana luce


ÁNGELES CARBAJAL

DOMENICA POMERIGGIO

Alcune domeniche pomeriggio
hanno gli occhi tristi
È come se vi si fosse fermata
la vita per sempre...
Iris blu, viole del pensiero,
il silenzioso arrampicare dei caprifogli;
tremano gli umili fiori della stagione.
Un treno lontano si perde vago
ed è l'immagine di un tempo che non esiste;
un dipinto, un’eternità inquietante.
Un altro fischia e passa come una vertigine.
L'universo cade nel suo abisso.
Ma i volti dei viaggiatori
Non si scompongono, tutto sembra irreale,
strane figure
su un treno assurdo come la vita.
E i campi sono tristi, il loro verde splendore
come pronto per qualcosa, qualcosa di bello,
qualcosa di felice Il verde solitario è triste.
E nessuno sa quale strana luce
si incolla alle pareti.
E nessuno sa cosa cerca in quei pomeriggi,
né il motivo della sua tristezza ossessiva,
e nessuno sa perché
il suo cuore affoga senza nessuno.

(da L'ombra di altri giorni, 2002)

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Leopardiana. È la definizione che mi ha ispirato la poesia di Ángeles Carbajal. Vi aleggia quel senso della sera del dì di festa, quel malinconico languore della fine che permea i celebri versi di Giacomo Leopardi: "Ecco è fuggito / il dí festivo, ed al festivo il giorno / volgar succede, e se ne porta il tempo / ogni umano accidente".

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EDWARD HOPPER, "IL SOLE DEL MATTINO"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Era una domenica pomeriggio, umida e triste; e questa nostra terra non può offrire uno spettacolo più noioso di una domenica piovosa a Londra.
THOMAS DE QUINCEY, Confessioni di un mangiatore d'oppio

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Ángeles Carbajal (Argüelles, 1959), poetessa spagnola. Laureata in Storia dell'Arte, collabora con le riviste letterarie Anáfora e Clarín. La sua poesia combina emozione e pensiero con un'espressione semplice e precisa, invitando a guardare il mondo con una nuova prospettiva e a scoprire la bellezza e il mistero nascosti nella vita di tutti i giorni.


sabato 20 aprile 2024

Un rametto di mandorlo


NIKIFOROS VRETTAKOS

PACE

È come un rametto di mandorlo in un bicchiere
nel mio cuore l’amore. Vi cade il sole
e si colma d’uccelli.

L’usignolo più bravo dice il tuo nome.

(da Quercia reale, 1958 - Traduzione di Filippo Maria Pontani)

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Il sole, l’amore, la pace: tre dei temi prediletti del poeta greco Nikifòros Vrettàkos emergono da questi versi. La bellezza e la serenità vanno di pari passo, la felicità dell’amore è il perno su cui si inserisce la poesia stessa di Vrettàkos: “Nella poesia tutto deve girare / come avviene nell’universo. / (…) Cerco di fare un mondo a cui nulla / mancherà. Un mondo com’era / prima della corruzione”.

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VINCENT VAN GOGH, "RAMO DI MANDORLO FIORITO IN UN BICCHIERE"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Come un ramo fiorito / voglio che la mia parola sia raggiungibile (...) / Le mie parole siano percepite / come gli occhi percepiscono la luce.
NIKIFÒROS VRETTÀKOS, L’abisso del mondo

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Nikifòros Vrettàkos (Krokeès, 1° gennaio 1912 – Plumitsa, 4 agosto 1991), scrittore e poeta greco. Partito per Atene alla scoperta del mondo, ne fu deluso. Prese parte in prima linea alla Seconda guerra mondiale e alla resistenza. Espulso dal Partito Comunista per il suo umanesimo di pace, visse in esilio la dittatura dei colonnelli. Tra le sue opere: Le smorfie dell’uomo, 1940, L’abisso del mondo, 1961, Itinerario, 1972, Protesta, 1974, Eliotropio pomeridiano, 1977, La filosofia dei fiori, 1988.


venerdì 19 aprile 2024

Bicentenario di Byron


George Gordon Byron fu tra i principali esponenti del Romanticismo britannico e da romantico fu anche la sua morte, a soli 36 anni: nel gennaio del 1824 si era trasferito in Grecia per seguire da vicino il tentativo dei Greci di liberarsi dalla dominazione turca. Ma il 19 aprile di quell’anno, esattamente due secoli fa, moriva di febbri reumatiche mal curate dai medici a Missolungi, dove è sepolto. La sua opera ha dato origine a un personaggio largamente autobiografico che i critici definirono con il suo nome: l’eroe byroniano, appassionato e idealizzato, talentuoso ma imperfetto, fortemente avverso alle istituzioni – da esso ricambiate - tormentato, spesso nei guai, spesso esiliato, ma anche presuntuoso e autodistruttivo.

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THOMAS PHILLIPS, "LORD BYRON IN COSTUME ALBANESE"

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OCEANO LAGHI FIUMI ERANO CALMI

Oceano laghi fiumi erano calmi,
Nulla muoveva il silenzio degli abissi;
Navi senza marinai marciavano sul mare,
Cadevano a pezzi gli alberi, affondavano
Poi dormivano immobili sul fondo;
Morte le onde, le maree sepolte,
La luna, loro signora era già spenta;
Nell'aria stagnante languivano i venti,
Svanite erano le nuvole perché inutili
Al Buio: il Buio era l'Universo.

(da Pezzi domestici e altre poesie, Einaudi, 1986 – Traduzione di Cesare Dapino)

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SUL MIO TRENTATREESIMO COMPLEANNO

Sulla strada noiosa della vita, così oscura e sporca,
Mi sono trascinato fino ai trentatré
Cosa mi hanno lasciato questi anni?
Niente, tranne il trentatré.

(da Lettere e Diari, 1830)



Altre poesie di George Gordon Byron sul Canto delle Sirene:

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Un grande poeta non appartiene a nessun paese; le sue opere sono di pubblico dominio, e le sue Memorie eredità del pubblico.
GEORGE GORDON BYRON, Conversazione con Thomas Medwin




George Gordon Noel Byron, sesto barone di Byron, noto anche come Lord Byron (Londra, 22 gennaio 1788 – Missolungi, 19 aprile 1824), poeta e politico britannico. Considerato da molti uno dei massimi poeti britannici, fu esponente di spicco del Romanticismo.


giovedì 18 aprile 2024

La voragine


MICHALIS PIERÌS

MEMORIA DI LUNA A PALERMO

Nel sogno entrammo per lo squarcio
che il cielo apriva – non aveva
tetto l’edificio. Il tempo, onnipotente:
e s’abbassava il cielo con le nuvole
scorrenti insieme con la luna.

Magica era, così, ogni cosa;
la voragine aperta nella chiesa
univa del cielo l’artificio
al cielo naturale – tu dicesti,
e mi voltai a guardare. Folto e assurdo
s’ergeva un albero, bagnato
dal chiarore lunare; e fresca, allora,
venisti tu... memoria profumata...

... lo spasimo ancora durava...
nell’alto letto un guizzo estremo
come di piccola, selvatica bestiola.
Pacifica la stanza, mare tranquillo
la sera. A gocce
scendeva la luce dal tuo corpo; uno splendore
lucente e strano avevi nello sguardo,
eri tu e non eri, mia e estranea insieme.
Un non so che sembravi
di perduto, sentito un tempo, ora
dimenticato: una ferita aperta.

Ti alzasti lenta e ti scorreva
la luce in viso. Un sudore – era agosto
t’imperlava; su in terrazza
un violino s’udiva, e gemere un liuto.
Avanti i turchi stavano in attesa, e dietro
i greci s’acquattavano, giovani di leva,
l’anima – e il colpo – in canna.
Ma tu, corpo sottile e svelto
come l’amore, uscisti fuori
leggera nel fiume della notte...

O fata o strega o sogno
sembravi a braccia aperte
volando nel cielo della città che invalida
dormiva. Ecco la luna, da ambo le facce piena.
Ecco la luna, gridasti,
lei che ci unisce ecco si abbassa,
ci guida a un bel giardino.
Odoro luce, pazza mi sento, tra pitture
amorose vo vagando, ecco la bella
mia città sommersa nella luce, città
senza frontiera, venga chi vuole. Io sono
nuda, è un’isola il mio corpo, fatto
per ogni gioia – e si udì allora il colpo.

Là ti trovai, in un rantolo, nel ventre
la pallottola, a metà distesa
fra il Nord oscuro, e il sud.

( da Metamorfosi di città, 1999 - Traduzione di Renata Lavagnini)

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È lo stesso Michalis Pierìs, intervistato da Paola Maria Minucci, a delineare i contorni di questa poesia, relativa alla divisione di Cipro nel 1974: "Ho scritto una poesia nata a Palermo e in cui si parla della morte di una bella ragazza che voleva volare nuda sopra il filo spinato ed è stata uccisa dagli spari di soldati, molto probabilmente di ambo le parti (sia Greci che Turchi). Ero allora sotto il forte effetto di un’esperienza molto dura che ritengo sia stato il punto di partenza di questa poesia. A Palermo in quei giorni si respirava un’aria di violenza e di paura ed era piena di soldati armati che la tenevano sotto controllo per probabili attacchi della mafia. E ogni volta che leggo la poesia scritta in quei giorni,  (...) sento che per me si riferisce anche al destino di Cipro". La chiesa, abbandonata, è quella dello Spasimo, priva di tetto, da cui si vede il cielo.

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PALERMO, CHIESA DELLO SPASIMO - FOTOGRAFIA © PANORMUS

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Il passo di Venezia / del Turco il segno, del re nero la figura, / della regina il torrente, le tracce di Franchi / e di siriani e di pirati e di stranieri / sul piccolo tuo corpo ferito mille volte / sul tuo piccolo corpo greco tanto amato: / come posso guardarlo, mia cara, ora che è diviso?
MICHALIS PIERÌS, Metamorfosi di città

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Michalis Pierìs (Eftagonia, 1952 – Nicosia, 3 novembre 2021), poeta cipriota. Fondatore del “Laboratorio Teatrale dell’ Università di Cipro”, promotore della cultura tradizionale dell’ Ellenismo dialettale periferico, ha curato molti saggi di filologia greca medievale e moderna.